Negli ultimi anni, si è presa consapevolezza del fatto che ad oggi il clima e l’ambiente circostante stanno cambiando.
Le azioni umane che compiamo stanno esercitando una forte pressione sul pianeta, a tal punto dal modificarsi in modo quasi irreversibile.
Per comprendere al meglio la gravità della situazione che viviamo ad oggi, è bene comprendere il significato della parola “impatto ambientale”, che contempla tutte quelle attività che vengono utilizzate dall’essere umano che in qualche modo possono alterare le condizioni ambientali attuali e che possano creare dei malfunzionamenti sul mondo.
Gli effetti che conosciamo oggi su questo fenomeno sono diversi e recenti, ad esempio si potrebbe citare il cambiamento climatico, che per mezzo dell’utilizzo intenso di combustibili fossili causa un aumento dei gas serra nell’atmosfera e che di conseguenza provocano un aumento delle temperature.
Oppure si potrebbe menzionare l’inquinamento dell’aria, che causa malattie polmonari e problemi cardiovascolari, con conseguenze importanti soprattutto in chi abita in aree inquinate e in città.
L’impatto che hanno i microchip sull’ambiente
L’ambiente non risente solo dei comportamenti dell’uomo ma anche delle sue invenzioni tecnologiche. Purtroppo non tutti i nuovi artefatti vengono studiati per essere smaltiti correttamente ed è per questo che l’ambiente ne risente.
Fra queste tecnologie, troviamo i microchip, o microprocessori, che sono dispositivi composti da circuiti elettronici, che permettono l’esecuzione di istruzioni e algoritmi dettati da una macchina.
La peculiarità dei microchip, come dice la parola stessa, sta proprio nelle sue piccole dimensioni: grazie a questa caratteristica anche i dispositivi più piccoli, come ad esempio smartphone, tablet o PC, hanno la possibilità di realizzare grandi prestazioni in completa autonomia.
Altra caratteristica che possiedono è la loro realizzazione in silicio, ovvero un elemento chimico che viene comunemente trovato nella sabbia e che grazie alla sua semiconduttività elettrica, si può collocare a metà strada tra il rame (conduttore di energia) e il vetro (isolante che non crea energia).
I microchip vengono prodotti in diverse parti del mondo, ma l’80% della loro produzione proviene dall’Asia, in paesi come la Cina, Taiwan e il Sud Corea.
Ad oggi la necessità di incrementare la realizzazione di microchip ha sollevato una problematica a livello ambientale: è stato dimostrato infatti in uno studio condotto nel 2020, che l’aumento di fabbricazione di questi processori provoca la produzione di gas serra.
Un problema che si è riscontrato di recente è la grande necessità di acqua per l’elaborazione dei microchip che viene utilizzata per raffreddare gli impianti di produzione e al contempo per pulire dai residui di lavorazione in quanto il silicio è un materiale estremamente particolare per la sua realizzazione.
Per questo, una notevole svolta proviene dalla Commissione Europea, in cui nello scorso febbraio ha presentato a tutti i membri l’iniziativa, denominata “Chips Act”, che punta non solo ad aumentare la produzione di microchip in Europa per ridurre la dipendenza da altri Paesi esteri (ne abbiamo già parlato in questo articolo) ma anche di utilizzare processi green.
Oltre a prevenire alla “Chips Crunch”, ovvero quel meccanismo che sospende o rende difficoltoso l’approvvigionamento di chip, nel Chips Act grande importanza viene dato alla realizzazione di nuove Azienda dal profilo green.
Quindi non solo un rientro della produzione in Europa, ma anche una Nuova Era nel processo di produzione dei microchip, che passa attraverso al risparmio energetico, al riutilizzo di materiali riciclabili, ad un consumo energetico inferiore all’attuale anche grazie alle rinnovabili.
Per un futuro, dei microchip ma anche del pianeta stesso, di crescita e di sostenibilità sia economica che sociale ed ambientale.