Come abbiamo già avuto modo di trattare in precedenza, in particolare in questo articolo, la crisi dei microchip è una delle sfide che la nostra epoca si trova a fronteggiare.
Un problema cominciato a causa della restrizioni introdotte con il Covid, soprattutto dal punto dei vista dei rapporti con la Cina, e poi peggiorate dopo la guerra in Ucraina, perché sia quest’ultima che la Russia hanno un ruolo centrale nelle esportazioni di neon e palladio, due elementi fondamentali nella produzione dei microprocessori.
L’Unione Europea è corsa ai ripari, con il cosiddetto “Chip Act” promosso da Ursula Von Der Leyen ovvero il raggiungimento dell’indipendenza nella produzione di questi piccoli oggetti, centrali nella vita e nel sistema economico odierno.
Come è ovvio però, si tratta di un investimento che può portare a risultati a lungo termine, mentre ci troviamo a fare fronte a una situazione che esige risposte anche urgentemente, visto che i tempi di consegna sono praticamente raddoppiati rispetto allo scenario pre-pandemico.
Ecco che allora i governi nazionali si trovano a dover far fronte a questa situazione inedita, da un lato cercando di investire anche a livello nazionale per rinforzare la propria capacità di risposta e il proprio comparto produttivo, ma anche facendo passi indietro rispetto a innovazioni che sembravano consolidate.
Il governo italiano, in particolare, ha annunciato l’introduzione dei tesserini sanitari semplificati, ovvero senza microchip.
Essi continueranno a essere validi per l’emissione dello “scontrino parlante”, che permette alle detrazioni, e anche all’accesso ai Sistemi sanitari nazionali, ma non per la verifica dell’identità online.
Scatta inoltre l’allarme da parte degli operatori sanitari, che pongono dubbi sulla tenuta del Sistema Sanitario Nazionale, almeno per quanto riguarda le prenotazioni online e sul tracciamento del fascicolo sanitario online.
Ci si chiede se provvedimenti analoghi non saranno poi via via necessari per altri documenti come carta d’identità elettronica o bancomat, con implicazioni però molto più complesse e conseguenze molto più difficili da gestire.
La speranza è che ovviamente gli investimenti nazionali ed europei vadano a buon fine, rendendo possibile la creazione di un comparto via sempre più solido ma anche il più possibile sostenibile dal punto di vista ambientale ed energetico.
Ogni programmazione economica infatti in questo momento storico deve considerare questi aspetti per avere qualche possibilità di successo.
Nel frattempo forse dovremo modificare alcune delle nostre abitudini, nate in un mondo in cui le risorse e le possibilità di scambio commerciale sembravano illimitate.
Un mondo che oggi ci sembra molto irrealistico e lontano.